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Sito non ufficiale dell'apparizione della Vergine della Rivelazione alla grotta delle Tre Fontane a Roma
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LA BELLA SIGNORA !

Seduto all'ombra di un eucaliptus, Bruno cerca di concentrarsi, ma non fa in tempo a mettere per iscritto qualche nota che i bambini ritornano alla carica: «Papà, papà, non possiamo trovare la palla che si è persa, perché lì ci sono molti spini e noi siamo scalzi e ci facciamo male...». «Ma non siete buoni a nulla! Vado io», risponde papà un po' scocciato. Ma non prima di usare una misura precauzionale. Infatti fa sedere il piccolo Gianfranco sopra il mucchietto dei vestiti e delle scarpe che i bambini si erano tolte perché quel giorno faceva molto caldo. E per farlo stare tranquillo gli mette tra le mani il giornalino perché guardi le figure. Isola intanto, invece di aiutare papà a cercare la palla, vuole andare sopra la grotta a raccogliere un po' di fiori per la mamma. «Va bene, stai attenta però a Gianfranco che è piccolo e potrebbe farsi male, e non farlo andare vicino alla grotta». «Va bene, ci penso io», lo rassicura Isola. Papà Bruno prende Carlo con sé e i due scendono la scarpata, ma la palla non si trova. Per assicurarsi che il piccolo Gianfranco sia sempre al suo posto, il papà ogni tanto lo chiama e dopo aver ottenuto risposta, scende sempre più giù nella scarpata. La cosa si ripete per tre o quattro volte. Ma quando dopo averlo chiamato non ottiene risposta, preoccupato, Bruno risale di corsa la scarpata con Carlo. Chiama ancora, con voce sempre più forte: «Gianfranco, Gianfranco, dove sei?», ma il piccolo non risponde più e non si trova più nel luogo dove lo aveva lasciato. Sempre più preoccupato, lo cerca fra i cespugli e le rocce, finché l'occhio gli scappa in direzione di una grotta e vi scorge il piccolo inginocchiato sul limitare. «Isola, scendi giù!», grida Bruno. Intanto si avvicina alla grotta: il bambino non solo è inginocchiato ma tiene anche le manine come in atteggiamento di preghiera e guarda verso l'interno, tutto sorridente... Sembra bisbigliare qualche cosa... Si avvicina di più al piccolo e ode distintamente queste parole: «Bella Signora!... Bella Signora!... Bella Signora!...». «Ripeteva queste parole come una preghiera, un canto, una lode», ricorda testualmente il padre. «Ma che dici, Gianfranco?», gli grida Bruno, «che hai?... che vedi?...». Ma il bimbo, attratto da qualcosa di strano, non risponde, non si scuote, rimane in quell'atteggiamento e con un sorriso incantevole ripete sempre le medesime parole. Giunge Isola con un mazzolino di fiori in mano: «Che vuoi, papà?». Bruno, tra lo stizzito, il meravigliato e lo spaventato, pensa che sia un gioco di bambini, dato che nessuno in casa aveva insegnato al piccolo a pregare, non essendo stato neppure battezzato. Così domanda ad Isola: «Ma gli hai insegnato tu questo gioco della "Bella Signora"?». «No, papà, io non lo conosco 'sto gioco, non ci ho mai giocato con Gianfranco». «E come mai dice: "Bella Signora"?». «Non lo so, papà: forse qualcuno è entrato dentro la grotta». Così dicendo, Isola scosta i fiori di ginestra che pendevano sull'entrata, guarda dentro, poi si gira: «Papà, non c e nessuno!», e fa per andarsene, quando improvvisamente si ferma, i fiori le cadono dalle mani e anche lei si mette in ginocchio con le mani giunte, accanto al fratellino. Guarda verso l'interno della grotta e come lui mormora rapita: «Bella Signora!... Bella Signora!...». Papà Bruno, stizzito e sconcertato più che mai, non riesce a spiegarsi il curioso e strano modo di fare dei due, che in ginocchio, incantati, guardano verso l'interno della grotta, ripetendo sempre le stesse parole. Comincia a sospettare che lo stiano prendendo in giro. Allora chiama Carlo che stava ancora cercando la palla: «Carlo, vieni qui. Che fanno Isola e Gianfranco?... Ma che è questo gioco?... Vi eravate messi d'accordo?... Senti, Carlo, è tardi, io devo prepararmi per il discorso di domani, vai pure tu a giocare, basta che non entriate in quella grotta...». Carlo guarda attonito il papà e gli grida: «Papà, io 'sto gioco non lo so fare!...», e fa per andarsene anche lui, quando si ferma di scatto, si gira verso la grotta, unisce le due mani e si inginocchia vicino ad Isola. Anche lui fissa un punto dentro la grotta e, affascinato, ripete le stesse parole degli altri due... Il papà allora non ne può più e grida: «E no, eh?... Questo è troppo, a me non mi prendete in giro. Basta, alzatevi!». Ma non succede niente. Nessuno dei tre lo ascolta, nessuno si alza. Allora si accosta a Carlo e: «Carlo, alzati!». Ma quello non si muove e continua a ripetere: «Bel la Signora !...». Allora, con uno dei soliti scatti d'ira, Bruno prende il bambino per le spalle e cerca di smuoverlo, di rimetterlo in piedi, ma non ci riesce. «Era come di piombo, come se pesasse quintali». E qui la collera comincia a lasciare posto alla paura. Ci riprova, ma con lo stesso risultato. Trepidante, si avvicina alla bambina: «Isola, alzati, e non fare come Carlo!». Ma Isola non risponde neppure. Allora cerca di smuoverla, ma nemmeno con lei ci riesce... Guarda con terrore i visi estatici dei figli, i loro occhi spalancati e lucenti e fa l'ultimo tentativo con il più piccolo, pensando: "Questo riesco ad alzarlo". Ma anche lui pesa come marmo, «come colonna di pietra incastrata per terra», e non riesce a sollevarlo. Allora esclama: «Ma che cosa succede qui?... Ci sono delle streghe nella grotta oppure qualche diavolo?...». E il suo livore contro la Chiesa cattolica lo porta subito a pensare che sia qualche prete: "Non sarà qualche prete che è entrato dentro la grotta e con l'ipnotismo mi ipnotizza i bambini?". E grida: «Chiunque tu sia, anche un prete, vieni fuori!». Silenzio assoluto. Allora Bruno entra deciso nella grotta con l'intenzione di prendere a pugni lo strano essere (da militare si era distinto anche come un buon pugile): «Chi c'è qua?», grida. Ma la grotta è assolutamente vuota. Esce e prova ancora ad alzare i bambini con lo stesso risultato di prima. Allora il pover'uomo in preda al panico sale sull'altura per cercare aiuto: «Aiuto, aiuto, venitemi ad aiutare!». Ma non vede nessuno e nessuno deve averlo udito. Ritorna concitato dai bambini che, ancora inginocchiati con le mani giunte, continuano a dire: « Bel la Signora !... Bella Signora!...». Si avvicina e cerca di smuoverli... Li chiama: «Carlo, Isola, Gianfranco!...», ma i bambini rimangono immobili. E qui Bruno comincia a piangere: «Che cosa sarà?... che cosa è successo qui?...». E pieno di paura alza gli occhi e le mani al cielo, gridando: «Dio salvaci tu!». Appena proferito questo grido d'aiuto, Bruno vede uscire da dentro la grotta due mani candidissime, trasparenti, che si avvicinano lentamente verso di lui, gli sfiorano gli occhi, facendo cadere da essi come delle squame, come un velo che lo accecava... Sente male... ma poi, all'improvviso i suoi occhi sono invasi da una luce tale che per qualche istante tutto scompare dinanzi a lui, figli, grotta... e si sente leggero, etereo, quasi che il suo spirito fosse stato liberato dalla materia. Nasce dentro di lui una grande gioia, un qualcosa di completamente nuovo. In quello stato di rapimento non ode più nemmeno i bambini ripetere la solita esclamazione. Quando Bruno riprende a vedere dopo quel momento di accecamento luminoso, nota che la grotta si illumina fino a scomparire, ingoiata da quella luce... Si staglia soltanto un blocco di tufo e sopra questo, scalza, la figura di una donna avvolta da un alone di luce dorata, dai tratti di una bellezza celestiale, intraducibile in termini umani. I suoi capelli sono neri, uniti sul capo e appena sporgenti, tanto quanto lo consente il manto di color verde-prato che dal capo le scende lungo i fianchi fino ai piedi. Sotto il manto, una veste candidissima, luminosa, cinta da una fascia rosa che scende a due lembi, alla sua destra. La statura sembra essere media, il colore del viso leggermente bruno, l'età apparente sui venticinque anni. Nella mano destra regge appoggiato al petto un libro non tanto voluminoso, di colore cinerino, mentre la mano sinistra è appoggiata sul libro stesso. Il volto della Bella Signora trasluce un'espressione di benignità materna, soffusa di serena mestizia. «Il mio primo impulso fu quello di parlare, di alzare un grido, ma sentendomi quasi immobilizzato nelle mie facoltà, la voce mi moriva in gola», confiderà il veggente. Nel frattempo in tutta la grotta si era diffuso un soavissimo profumo floreale. E Bruno commenta: «Anch'io mi ritrovai accanto alle mie creature, in ginocchio, con le mani giunte». Riecheggiando la veggente di Lourdes, Bernadette Soubirous, anche lui un giorno si lascerà sfuggire questa affermazione: «Chi ha avuto l'eccezionale gioia di posare gli occhi sopra una così celestiale bellezza, non può fare altro che desiderare la morte per poter godere dì tanta beatitudine in eterno...».