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Sito non ufficiale dell'apparizione della Vergine della Rivelazione alla grotta delle Tre Fontane a Roma
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SILENZIO DI DIO E DI MARIA

Il gruppo scende dalla collina ed entra nella chiesa dell'abbazia. Tutti si mettono in ginocchio. Dopo un momento di silenzio, perché Bruno deve raccogliere tutte le sue forze per affermare il contrario di ciò che fino ad allora aveva insegnato, dice: « La Bella Signora della grotta ci ha detto che qui c'è Gesù. Io prima vi insegnavo di non credere a ciò e vi proibivo di pregare. Gesù sta dentro in quella casina. Ora vi dico: Preghiamo! Adoriamo il Signore!».Traspare da questo racconto qualche cosa di quello che Maria santissima ha confidato al veggente. Infatti ai bambini dice: « La Bella Signora della grotta ci ha detto che qui c'è Gesù». Potevamo immaginarcelo. Quello era uno dei punti che Bruno contestava alla Chiesa cattolica e la Madonna lo rassicura che invece è vero. Nell'Eucaristia c'è Gesù. Lei porta sempre a Gesù, a riconoscere Gesù e la sua totale presenza nel sacramento dell'altare. Dalla grotta al tabernacolo, è questo l'itinerario che Maria fa compiere al suo carissimo figlio, itinerario che egli compie assieme ai suoi bambini. Infatti, benché egli solo abbia udito parlare la Madonna , rivela ai figli: «Ci ha detto...». Quindi non solo a lui. E Bruno compie un grande atto di umiltà. Di fronte ai figli riconosce di essersi sbagliato, di avere loro insegnato male. La verità è che Gesù è là presente, in quella casina, cioè nel tabernacolo. Non si dilunga in spiegazioni. Passa subito all'atteggiamento concreto e consequenziale. Se Gesù è là, allora: «Preghiamo! Adoriamo il Signore!». Forse Bruno non se ne era accorto, ma dalla Bella Signora aveva già imparato due atteggiamenti fondamentali: la preghiera e l'adorazione. Dal Vangelo rimbalza anche oggi la missione di Maria che è quella di offrirci Gesù e di suggerirci l'adorazione, che è il gesto più completo dell'accoglienza di tutto il mistero di Dio resosi visibile nell'Incarnazione e nella Redenzione. Proprio come successe ai pastori di Betlemme e ai Magi i quali, trovatisi davanti «il Bambino con Maria, sua madre, si prostrarono e lo adorarono». Maria è sempre la stessa: come con il vecchio Simeone, ci dà Gesù, da prendere in braccio. A noi amarlo e adorarlo. E in questo ci aiuta sempre. «Preghiamo», aveva detto il papà. Già, «ma come si prega?», si domandano i bambini, che a questo non erano stati abituati e non conoscevano alcuna preghiera. Per questo Isola domanda: «Papà, che preghiera facciamo?». Altro imbarazzo di papà: «Figlia mia, non saprei...». Deve essere stato frustrante per lui in quel momento riconoscere di non sapere come pregare assieme ai suoi bambini, che pure tanto amava. Non aveva pensato che i bambini vanno subito alle conseguenze pratiche di ciò che si dice... E qui una bella sorpresa. È proprio la figlia maggiore a venirgli incontro e a toglierlo dall'imbarazzo: «Diciamo un 'Ave Maria ». Isola confessa contenta la propria disobbedienza: secondo gli ordini di papà, avrebbe dovuto uscire dall'aula quando veniva impartito l'insegnamento religioso e per questo aveva il permesso scritto. Ma lei lo fece una volta sola e poi rimase: «E così ho imparato l'Ave Maria », spiega la piccola al papà, felicemente sorpreso. Viene qui spontanea una considerazione. Il padre non vuole che la figlia sia presente alla spiegazione del catechismo. Fanno molto male e operano ingiustamente quei genitori che riversano sui figli le proprie crisi o i propri fallimenti nella fede o nella morale. Ci sembra più corretto che l'amore e il rispetto per essi porti i genitori a lasciarli fuori dai propri travagli, specialmente interiori. Anzi, ai figli bisogna dare sempre il meglio e indirizzarli sempre e comunque al bene, anche se, personalmente, essi hanno fallito. Bisogna fare di tutto perché almeno essi camminino sulla retta strada. Comunque sia, non si può disprezzare l'invito imperioso di Gesù: «Lasciate che i fanciulli vengano a me e non glielo impedite!» (Lc 18,16). E i modi di impedirglielo sono tanti, compreso quello della noncuranza. Non so esattamente il perché, ma mi sono sempre commosso di fronte a quei genitori che, pur non essendo credenti, vogliono che i loro figli crescano nella fede e li aiutano a conoscerla e a praticarla. Questo loro atteggiamento mi ha sempre fatto sperare che anch'essi un giorno ritroveranno la forza per ritornare a credere. Gesù non può non tenere conto che, nonostante tutto, quei genitori non solo non hanno impedito ai propri figli di andare a lui ma glieli hanno portati. E poi, per fortuna, alcuni dei figli, come nel caso di Isola, sanno reagire e sottrarsi a ciò che sconsideratamente i genitori impongono loro, avvertendo interiormente che sono questi che si stanno sbagliando. Allora ci sembra di poter andare oltre ciò che la Ma donna ha detto esplicitamente a Bruno su una delle cause della sua conversione: i venerdì del Sacro Cuore. Oltre a quelli avranno avuto il loro peso le preghiere e le sofferenze della moglie Jolanda e quelle Ave Maria recitate dalla figlia Isola a scuola. La Madonna non lo dice espressamente, ma certe cose si vengono a sapere nello svolgersi degli avvenimenti. E a questo punto avviene una delle scene più belle e toccanti che riguardano questa apparizione: quell'uomo che fino a poche ore prima era una peste nei dibattiti con i cattolici e che disturbava i compagni di lavoro e i fedeli che uscivano dalla chiesa e che maneggiando la Bibbia a suo modo sembrava sapere tutto, ora, in ginocchio, si lascia guidare dalla piccola figlia nella preghiera dell'Ave Maria: « Ebbene, dilla tu..., piano piano, così pure noi ti veniamo appresso». E così tutti e quattro, davanti a Gesù, ripetono la preghiera, condotti da Isola. Ci dovette essere un silenzio impressionante in quella chiesa: Cielo e terra attenti e attoniti a quella preghiera dei bambini con il loro papà, forse per la prima volta nella loro vita. La Madonna è capace di queste cose. Prima abbiamo detto che lei aveva restituito la palla perché il gioco era finito. Forse non era proprio finito o era ricominciato; solo che ora lo stava conducendo a modo suo. Poi c'è il ritorno a casa. E qui succede il secondo prodigio. Dopo averlo portato a Gesù Eucaristia, ora la Vergi ne porta Bruno alla sua famiglia, a fare pace con la famiglia. Maria non solo porta a Gesù, ma anche alla famiglia. sola così ricorda la scena: «Papà, quasi piangendo, disse a noi: "Andate a letto!", e così mamma ci fece addormentare. Io però fingevo di dormire e vidi papà che si avvicinava a mamma e le diceva: "Abbiamo visto la Madonna , io ti chiedo perdono che ti ho fatto soffrire, Jolanda. Sai dire il rosario?". E mia madre rispose: "Non lo ricordo bene", e si inginocchiano per pregare». Bruno, umilmente confesserà in seguito: «A mia moglie ne ho fatte tante perché la tradivo, facevo peccati, la picchiavo, ecc..., la Vergine mi ha dato il pentimento...». Dopo aver chiesto perdono alla moglie, Bruno vuole recitare il rosario con lei. Appare qui concretizzato il continuo messaggio di Maria alle famiglie: «Pregate assieme, recitate il santo rosario», perché lei è veramente la regina della famiglia. E tre anni prima era apparsa a una bimbetta di sette anni, affidandole proprio questo messaggio. Alle Tre Fontane ne dà una dimostrazione pratica. La famiglia si salva con la preghiera, specialmente con la preghiera del rosario, recitato assieme. Ma dopo quei primi giorni di gioia intensa, spirituale e profonda anche se frammista a sentimenti di sconcerto, di timore e di apprensione, la vita di Bruno si incammina verso la sofferenza e la prova. La Madonna gli aveva assicurato che, come conferma della realtà di quella visione, sarebbero avvenuti alcuni incontri con sacerdoti, con modalità determinate. Ma lui doveva cercarli o per lo meno non doveva lasciarsene sfuggire neppure uno. E così fa, ma non si imbatte in nessun sacerdote che gli risponda come la Madonna gli aveva anticipato. Invano si umilia a fermare per strada, sul tram, nelle chiese tutti i sacerdoti che incontra. La loro risposta non era quella fissata dalla Madonna. E poi lui si trova ancora in uno stato di mezzo tra il cattolicesimo e il protestantesimo. Certamente la conversione era iniziata, ma di solito questa ha bisogno del suo tempo perché maturi, ha bisogno di un periodo di chiarificazioni, di assestamento, dove perplessità, dubbi, esasperazioni, scoraggiamenti tormentano incessantemente, mettendo in pericolo la pace interiore che nei primi momenti della conversione appare raggiunta e sicura. È tutta un'alternanza che spossa il neoconvertito, non solo nello spirito ma anche nel fisico. Forse Bruno si domandava (e molti anche ora con lui): «Perché la Madon na, che ha così meravigliosamente iniziato, non porta a termine l'opera con facilità e gioia?». Eppure quel figlio suo ne aveva fatti di passi e aveva pianto non poco. Tra l'altro, se non si imbatteva con quelle persone promesse che l'avrebbero aiutato a lasciare completamente il protestantesimo con l'abiura e la confessione, il peso sull'anima gli sarebbe sempre rimasto. Sappiamo come Bruno aveva cominciato a deperire anche fisicamente, non mangiava, non riposava, giungendo perfino al limite dell'esasperazione, anzi della disperazione, deciso ormai a farla finita suicidandosi, non prima però di avere sterminato tutta la famiglia. Perché tutto questo? Si, certamente la Bella Signora l'aveva vista ancora nella grotta, ma non gli aveva detto più nulla. Si era limitata a sorridergli. Sorriso di incoraggiamento, niente di più. Quel sorriso era balsamo sulle sue ferite, ma non le rimarginava. Perché la Madonna non faceva qualche cosa di più, magari solo qualche parola? Non poteva farlo? Certamente lo poteva, ma per lei era molto più importante ora aiutare quel suo figlio a maturare nella fede. Per ora il suo sorriso gli doveva bastare. E la maturazione della fede avviene soprattutto attraverso la purificazione e la pazienza. Purificazione prodotta dal pentimento, dal rimorso che dilania dentro, dal prendere visione interiore del male compiuto, dall'aprire gli occhi sulle conseguenze del male arrecato agli altri. Cose queste che prima non erano neppure avvertite, ma dopo l'incontro con lei e con Gesù tutte investono con la loro terribile realtà, fino a sgomentare, a schiacciare il convertito. E non basta il ricordo vivo della visione di Maria per alleviare questo peso. Anzi, a volte lo appesantisce ancora di più per la forza del contrasto. Per questo non ci meravigliamo dello stato al limite della sopportazione cui giunse il veggente. Probabilmente solo chi è passato attraverso questo tunnel può capire le angosce di un neoconvertito. E poi c'è sempre quel «silenzio» di Dio e di sua Madre, proprio nei momenti in cui il cuore dell'uomo grida con tutta la sua forza e ha bisogno di sentirseli vicini. Più il grido si fa forte, più profondo si fa il mutismo di chi dovrebbe rispondere, perché così ha promesso. E allora uno è portato a pensare che era migliore la vita di prima, che era più tollerabile, anzi che era più felice, perché l'incoscienza e la durezza del cuore porta a una specie di felicità animale... E una persona in questi conflitti interiori può giungere al punto di maledire Dio, maledire l'incontro fatto con sua Madre, che per aver fatto le cose a metà era meglio non le avesse cominciate. Non si può aprire una ferita senza curarla, senza farla rimarginare... Ma la fede per maturare ha bisogno anche della pazienza o, per dirla con un'altra parola, della perseveranza. È l'insegnamento di Gesù nel Vangelo che viene sempre a galla e diventa realtà viva nella vita di ogni giorno. La perseveranza conduce ad acquisire la virtù della speranza, perché il cristiano non può vivere senza questa, che è completamento della fede. Una fede che non fosse sostenuta dalla speranza rimarrebbe sterile e non andrebbe più in là di quella di un pagano. Ecco perché la Vergine santa, pur soffrendo con lui, non interviene, perché non deve intervenire. Una vera mamma non può e non deve impedire il processo di maturazione dei figli. E Maria è una vera madre, dolce e forte nello stesso tempo e i suoi figli che le stanno vicino maturano per il Cielo anche senza accorgersene. Ci pensa lei. Naturalmente il cammino che lei fa fare non può essere scevro di mortificazioni, di rinunce e di umiliazioni, perché l'umiltà è sempre stata una grande medicina per gli orgogliosi e i violenti, i troppo sicuri di se stessi. L'umiltà diventa allora la pietra angolare della costruzione spirituale, anche perché Dio guarda gli umili con compiacenza e distoglie il suo sguardo dai superbi. Maria di Nazareth lo aveva già cantato nel suo Magnificat. Ora non lo dice, ma conduce i suoi figli per questo cammino. E lo sgretolamento dell'impalcatura dell'orgoglio avviene con il dolore e l'umiliazione, che fanno toccare con mano l'illusione in cui ci si è cullati, magari per tutta una vita. Ecco perché prima di disperarci bisognerà domandarci se, per caso, non sia un dono di Dio ciò che stiamo soffrendo per rinascere a una nuova vita. Come dicevano i santi, tutto è grazia!