[ Pagina principale ] [La Vergine della Rivelazione alle Tre Fontane ]
Sito non ufficiale dell'apparizione della Vergine della Rivelazione alla grotta delle Tre Fontane a Roma
<< Cenni sull'attività del veggente. Considerazioni sulla parte nota del messaggio >>

LA CUSTODIA DEL SANTUARIO

La improvvisa presa di possesso di un territorio appartenente all’Ente E.U.R. da parte del popolo, che ne aveva autonomamente stabilito la destinazione, implicò una serie di problemi, che attendono ancora una soluzione definitiva. Questi sono di carattere patrimoniale ed anche più propriamente religioso.
Si è visto che il bosco di eucaliptus, ove sorge la grotta dell’apparizione, era già appartenuto ai Trappisti della vicina abbazia delle Tre Fontane, che vi si erano stanziati a partire dal 1868, per ordine di Pio IX. La proprietà si estendeva per circa 242 ettari ed era in stato di abbandono, al quale i Cistercensi Riformati con la loro Società Agricola avevano posto in qualche modo rimedio. In effetti furono loro a piantare gli eucaliptus, ritenuti erroneamente efficaci contro il flagello della malaria.
Tuttavia quel bosco, dal quale li separava la via Laurentina, fu espropriato loro per le necessità della Esposizione Universale di Roma del 1942, cosa che non fu accettata serenamente.
Secondo un progetto del 1940, il bosco di eucalipti avrebbe potuto ospitare la Mostra delle Terre italiane d’Oltremare , ma fu poi destinato a «rimanere quale elemento integrativo della zona ornamentale della Esposizione»°, senza subire alcuna sostanziale modifica.
Fu proprio questa sua apparente inutilizzazione che fece ritenere possibile ai Trappisti la sua retrocession&4, che non riuscirono mai ad ottenere, neppure quando il luogo acquistò carattere sacro:
Se ancora l’Autorità non si è pronunciata sul prodigio, un fatto è, nell’attesa, sicuro: quello del ridestarsi in tante anime del sentimento religioso, quello dell’accendersi di fervore in tante altre ove era affievolito, quello, soprattutto, di tanta umanità che qui ritrova la speranza e la fiducia nell’aiuto del Cielo. Ora questo è un fatto che soverchia la contingenza della causa da cui è stato generato. Quale che possa essere il giudizio della Autorità competente, esso non potrà spegnere questo incendio d’amore che qui s’alimenta verso la Madre di Dio e nostra. Voi potete aver ragione a considerare, secondo la legge, come un abuso quello del pellegrinaggio di migliaia e migliaia di anime sopra un terreno boschivo di V.S. proprietà, ma dovete arrendervi alla realtà di una presa di possesso ideale della folla cristiana, che voi non potreste respingere, come si può fare degli invasori delle terre altrui. Niuna forza ormai potrà impedire a quella folla di pregare laddove sembra che un giorno così a noi vicino, la Vergine sia apparsa. Orbene, noi vi chiediamo che quel poco di terra sia reso alla nostra Comunità che già ne era padrona e che ne venne spogliata con legale esproprio per un‘opera che è abortita.

Per dare maggiore forza a queste richieste si inviarono al sindaco Rebecchini e al Presidente del Consiglio De Gasperi circa 25000 firme, raccolte da una domestica alla grotta dell’apparizione.
La realizzazione di questo desiderio non fu possibile, proprio per l’opposizione dell’Ente E.U.R., che era sostenuto dalla legittimità della sua posizione.
La stessa sorte toccò ai tentativi del comitato fra laici cattolici pro Grotta delle Tre Fontane, quando sottopose al Commissario Severi un progetto di sistemazione del nascente santuario:
In linea di principio non sembra opportuno autorizzare l’esecuzione dei lavori sul suolo della Esposizione da parte di un Comitato alla cui costituzione e alla cui attività le Autorità ecclesiastiche si sono dichiarate “estranee” I lavori effettuati intorno alla grotta dell’apparizione per conto dei Trappisti e dello stesso comitato erano dunque abusivi, anche se necessari per consentire un più agevole accesso al luogo, assai impervio per gli anziani e gli infermi, che venivano condotti in barelle.

L’unico interlocutore che l’Ente E.U.R. riteneva credibile era il Vicariato, col quale furono avviate successivamente delle trattative, durate più di quattro anni, periodo nel quale la custodia continuò a rimanere affidata ad alcuni laici.
Questi, o vi si erano installati autonomamente, come un certo Pasquale Perfetti, sedicente miracolato a Lourdes, che si era nominato «custode perpetuo volontario», o vi erano stati posti dai Trappisti, con la responsabilità del ritiro delle offerte.
Le persone che si definivano «custodi» a vario titolo, erano nel complesso una decina, alcune delle quali pretesero più tardi un riconoscimento economico da parte del Vicariato, che ebbe non poche noie.
Alla fine la grotta dell’apparizione risultava priva di una veste ufficiale, anche se questo non corrispondeva ad un reale disinteresse delle autorità ecclesiastiche, che affidavano al parroco di san Marco in Agro Laurentino il compito di sorvegliare il luogo ed inviare delle relazioni, in attesa che le trattative con l’Ente E.U.R. consentissero una sistemazione definitiva:
Non ho la possibilità di sorvegliare molto. So però che l’afflusso dei devoti, individualmente e a gruppi, è molto alto, specialmente nei giorni festivi. So che spesso c’è qualcuno che organizza pellegrinaggi alla Grotta. Ci sono dei laici che si interessano della Grotta: alcuni di questi tengono anche dei discorsi. [...] Mi si dice che gli ori e le altre offerte vanno ai Trappisti. Dell”Uomo della Grotta” (credo corrisponda al Perfetti) non ho mai inteso niente di male: solo qualcuno dice che si approfitta dei soldi e non si sa dove vadano a finire. [...] Vidi però, come già riferii a S. Ecc. Mons. Tra glia, che di clero sia Secolare che Regolare (delle Suore poi neanche a parlarne c’era un'altissima frequenza: vi ho visto anche Prelati e Vescovi. Una volta vi trovai un Cardinale! [...]Se posso esprimere la mia impressione, posso aggiungere questo: che la devozione alla Madonna delle Tre Fontane ormai è troppo diffusa e radicata nel popolo di Roma e fuori. Se un giorno dovesse essere proibita, ne deriverebbero scandalo e brutti guai...

In effetti la possibilità del parroco di san Marco di controllare quanto accadeva alla grotta dell’apparizione, che dista più di un chilometro, era ben scarsa, né la cosa gli era di per sé gradita. Più vicina era la chiesa del Buon Pastore alla Montagnola, ma si era ritenuto opportuno di non rivolgersi ai sacerdoti paolini di quella parrocchia, a causa del precedente coinvolgimento del parroco don Stella nel culto alla Madonna apparsa.
Tutto ciò testimonia quanto caotica potesse risultare la situazione alla grotta, dove nessuno sapeva cosa ne sarebbe accaduto.
Alla fine del 1951, con la morte del card. Vicario Marchetti Selvaggiani e l’insediamento del card. Micara, si avviavano serie trattative con l’Ente E.U.R., dove pure era mutato il vertice, essendo il professor Virgilio Testa il nuovo Commissario. All’inizio dello stesso anno si stava prospettando la soluzione di un temporaneo affidamento ai Trappisti, al di fuori però di figure quali la retrocessione o «l’affitto o quella di una concessione in uso»”.
Questa buona disposizione verso i Padri delle Tre Fontane era in parte dovuta all’interessamento del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Andreotti, cui Testa faceva presente che erano «in corso trattative con l’Amministratore della Comunità dei Cistercensi per l’affidamento della custodia temporanea del bosco di eucaliptus allo scopo precipuo di salvaguardare il carattere sacro della grotta delle Apparizioni». Tuttavia l’ingresso del card. Vicario Clemente Micara cambiava completamente il corso degli eventi. Questi ebbe un primo colloquio il 13 giugno 1952 col Segretario Generale dell’E.U.R. Melis, il cui risultato fu sottoposto al giudizio del Pontefice, che «si è degnato di approvare», consigliando inoltre che la grotta «resti un luogo di preghiera».
In effetti da quell’incontro scaturirono gli elementi determinanti della trattativa concernente il trasferimento all’autorità ecclesiastica romana della disciplina del culto alle Tre Fontane. In particolare fu deciso che l’E.U.R. non avrebbe alienato la proprietà dell’area comprendente la grotta dell’apparizione al Vicariato, ma avrebbe richiesto il pagamento di un «minimo canone d’affitto». Si stabiliva inoltre la recinzione del perimetro da assegnare al culto, con «chiusura dei cancelli alla notte» e la possibilità di «elevare modeste costruzioni». Dovevano tuttavia trascorrere ben quattro anni, perché da questo primo abboccamento si potesse passare alla definitiva «convenzione per la cessione in uso».
In quel frattempo il progetto era stato sottoposto alla Ragioneria Generale dello Stato, che sottolineava la necessità che si «precisasse la natura e la destinazione delle costruzioni da eseguire» onde «evitare uno sfruttamento commerciale della zona da concedersi».
L’atto conclusivo è del 18 aprile 1956, quando l’economo del Vicariato mons. Cesare Fabrizi e il Vice Commissario dell’Ente E.U.R. Remo Orseri firmavano la «Convenzione», composta di 15 articoli e concernente una «superficie di 14490 m2, in angolo tra la via Laurentina e via delle Tre Fontane».
La sua durata era stabilita in nove anni, rinnovabile su richiesta del Vicariato, che avrebbe dovuto corrispondere un canone annuo di mille lire. Non si può dire che tale soluzione lasciasse molta libertà di iniziativa al concessionario, il quale tuttavia aveva fretta di sottrarre le «Tre Fontane» al caos e per questo era disposto a rinunciare a qualche prerogativa.
A questo punto si apriva un altro ordine di problemi, relativo alla scelta dei religiosi che avrebbero atteso alla custodia della grotta dell’apparizione e al tipo di culto che vi avrebbe potuto tener luogo.
Non è stato possibile documentare il motivo che ha indotto il card. Micara a chiedere ai Frati Minori Conventuali di custodire la grotta, ma è ragionevole ritenere che la scelta sia da mettere in relazione alla «vocazione mariana» di quest’ordine, ed anche al fatto che lo spazio sacro rientrava nella sua zona di pertinenza. E ciò in base alla cosiddetta «operazione delle Vie Consolari», voluta dallo stesso card. Vicario con lo scopo di garantire la presenza di clero regolare nella periferia romana. In effetti tale misura intendeva porre argine al progressivo abbandono della pratica religiosa da parte del nuovo proletariato urbano. I religiosi francescani vi hanno saputo recare l’ardore della consacrazione all’Immacolata effuso tanto grandemente dal martire San Massimiliano Kolbe. Fu l’allora Ministro Generale padre Vittorio Costantini, poi vescovo di Sessa Aurunca, ad accettare l’incarico°°> e ad inviare sul luogo padre Gentile de Santi e il confratello fra Francesco Ponzo.

Non fu subito stipulata una convenzione tra il Vicariato e la Curia generalizia o.f.m., poiché rimaneva da risolvere la vertenza coi vecchi custodi, particolarmente col Perfetti.
Il problema pratico più importante era quello relativo alla definizione cuituale di quello che per il diritto canonico non si poteva definire un santuario. Infatti secondo l’art. 1230 dell’attuale codice di diritto canonico «col nome di santuario si intendono la chiesa o altro luogo sacro ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pellegrinaggio con l’approvazione dell’Ordinario del luogo».
Il mancato riconoscimento dell’apparizione ha prodotto una situazione anomala, rimanendo sostanzialmente ferma l’indicazione di Pio XII, cioè che la grotta «resti un luogo di preghiera».
Escluso quindi il culto pubblico, rimaneva unicamente la possibilità di quello privato che, secondo le indicazioni date dal card. Traglia, «consiste nelle spontanee manifestazioni di devozione popolare, alle quali può presiedere anche il sacerdote, senza vesti e riti liturgici».
A proposito delle processioni, viae crucis e veglie che i fedeli avevano sempre svolto alla grotta, lo stesso Vicegerente suggeriva di «conservare lo status quo ante, senza né aumentare, né diminuire, né spingere da alcuna parte, facendo come i muraglioni del Tevere, che non fanno che incanalare l’acqua».
Il padre Gentile dovette, suo malgrado, obbedire a queste indicazioni restrittive, a fronte delle insistenti richieste dei visitatori, che desideravano almeno che sorgesse un altare davanti alla grotta per celebrarvi la messa. Così decideva il Santo Offizio, investito della questione dal card. Micara:
Questa Suprema S. Congregazione è stata informata che si ha intenzione di aprire al culto, come Cappella, un locale edificato presso le Tre Fontane sul luogo delle assente apparizioni della Vergine SS.ma. In proposito [...] gli Eni.mi Padri di questa Suprema hanno decretato che il suddetto locale non venga aperto al culto.

Questa decisione è stata approvata dal Santo Padre.
Se qualche persona domandasse le ragioni di questo divieto o insistesse nel chiedere l'apertura al culto del locale, cotesto Vicariato potrà rispondere che dette apparizioni non sono state riconosciute dalla autorità ecclesiastica. Tuttavia non si dovrà impedire che le persone devote si rechino a pregare in quella località...
In quegli anni il contegno dell’attuale Congregazione per la Dottrina della Fede era particolarmente duro nei confronti delle presunte mariofanie e del loro riconoscimento, poiché oltre ai dubbi sull’autenticità si aggiungeva il sospetto che dessero luogo a manifestazioni cultuali poco ortodosse o comunque distraenti dai fondamenti dogmatici della fede.
Certo è però che Pio XII guardava con interesse e simpatia questo culto mariano, capace come minimo di indurre i credenti ad una più fervente preghiera.
I visitatori ritenevano rassicurante la presenza di custodi religiosi alla grotta, cosa che restituiva questa devozione alla Chiesa ufficiale, seppure in una forma parziale. Vicino al luogo dell’apparizione era stato edificato un conventino con un locale per l’abitazione dei frati e l’annessa chiesetta, ove la prima messa fu celebrata il 10 agosto 1957, alla presenza del solo veggente.
Proprio in quegli anni era sorta nei pressi della grotta la Cittadella dell’Immacolata con una chiesa dedicata alla Vergine. L’intento da parte dei minori conventuali era quello di farne il centro propulsore della Milizia dell’Immacolata, creata dall’apostolo mariano padre Massimiliano Kolbe. La nuova chiesa «poteva in certo qual modo svolgere, parallelamente a Lourdes, il ruolo della Basilica rispetto alla Grotta per processioni». Tuttavia il progetto non ha avuto per intero l’esito sperato.
Era intanto cominciata una nuova fase della vita di questo spazio sacro, il cui sviluppo non è assimilabile a quello del Divino Amore o degli altri santuari mariani della capitale29 rimanendo ferme le difficoltà poste dall’evento che ne aveva giustificato la nascita.
L’8 dicembre 1982 fu celebrata la prima Messa presso l’altare posto nella cappella antistante la grotta. Secondo ciò che si legge nella Cronistoria, la grotta conserva la fama di «luogo di conversione», non nelle forme eclatanti e vistose del passato, ma con riferimento al notevole numero di penitenti che vi giungono per accedere al sacramento della confessione, non più praticato da tempo.
Pur non mancando i momenti di preghiera comune, particolarmente in occasione delle viae crucis, rosari e veglie periodiche, risulta prevalente la dimensione privata della pietà, vissuta come incontro inintermediato col sacro. Lo schema “contrattuale” della devozione mariana, per cui chi si accosta alla Madonna ha sempre qualcosa da chiedere, è - per così dire - aggiornato dalla aumentata capacità di riflessione e coscienza della realtà dell’uomo moderno inurbato, che alla sua fede chiede coerenti spiegazioni sul senso dell’esistenza.